Quattordici giorni dopo aver compiuto ottantadue anni è deceduto a Padova l’ex allenatore Giovanni «Gianni» Di Marzio, nato a Napoli giovedì 8 gennaio 1942. Dopo aver mosso come tecnico i primi passi nella seconda squadra della sua città natale, l’Internapoli, che nel Campionato di Serie C 1968/1969 schierava l’italo-inglese Giuseppe «Pino» Wilson e Giorgio «Long John» Chinaglia, un lustro dopo protagonisti della prima conquista dello Scudetto da parte della Lazio, Di Marzio allenò per più di un ventennio sempre in squadre meridionali (alla guida del Catanzaro con la conquista della promozione in Serie A nel 1975/1976 e con il Napoli, che portò alla Finalissima di Coppa Italia, persa giovedì 8 giugno 1978 1-2 in rimonta allo Stadio “Olimpico” di Roma contro l’Internazionale, priva di Ivano «l’Angelo di Berlino» Bordon, terzo portiere dell’Italia impegnata nella Coppa del Mondo in Argentina, ottenne i suoi migliori risultati) con le uniche eccezioni del Genoa nel 1979/1980 e del Padova nel 1984/1985.
Giunto a Genova per allenare una squadra che nel precedente Campionato, invece che fare immediato ritorno nella massima serie, si era salvata all’ultima giornata, Di Marzio ottenne dal presidente Renzo «o’ scio Renso» Fossati, che aveva dovuto cedere al Napoli il capocannoniere (con 17 reti) della precedente Serie B, Giuseppe «Oscar» Damiani sr., a cui non si poteva chiedere di restare per almeno un altro anno nella cadetteria, importanti rinforzi quali il «libero» Claudio Onofri, che tornò dopo una sfortunata stagione agonistica nel Torino, il «regista» Tiziano «il Principe» Manfrin e le «punte» Giancarlo Tacchi I jr. e Roberto «Roby» Russo, prelevati rispettivamente da S.P.A.L., Avellino (in prestito) e Varese, oltre ad altri giocatori di buon livello quali i difensori Stefano Di Chiara I sr., acquistato dalla Pistoiese, e Paolo De Giovanni, preso in comproprietà dal Foggia, il centrocampisti Giovanni Lorini, arrivato dal Monza, l’ala «tornante» Luigi Renzo «Gigi» Manueli, giunto a titolo definitivo dal Varese, che aveva prestato anche il centrocampista Maurizio Giovannelli, e il centravanti Giuliano Musiello II, che nella precedente stagione agonistica aveva giocato in Serie A con l’Hellas Verona dal «mercato autunnale» in poi, dopo le prime partite con il Genoa, in cui era arrivato con Bruno «il Folletto di Nettuno» Conti sr. («ritornato alla base» dopo un anno) dalla Roma come parziale contropartita (era stato inserito dal sodalizio giallorosso anche Antonino Criscimanni) per Roberto «o’ Rei di Crocefieschi» Pruzzo.
Nonostante la presenza del Monza, che aveva riconfermato in panchina Alfredo Magni, dopo aver perso la promozione a Bologna nello spareggio di domenica 1° luglio 1979, vinto 2-0 dal Pescara, del Brescia allenato da Luigi Renzo «Gigi» Simoni, dell’Atalanta guidata da Battista «Titta» Rota, del Cesena, che aveva per allenatore Osvaldo «lo Schopenhauer della Bovisa» Bagnoli, dell’Hellas Verona guidato da Fernando «Nando» Veneranda, del LaneRossi Vicenza, allenato da Renzo Ulivieri, dell’ambiziosa Sampdoria di Paolo «Paolone» Mantovani sr., Di Marzio era sicuro della promozione in Serie A, ma la squadra dopo un promettente avvio (vittorie per 2-0 in casa contro i biancoazzurri abruzzesi di categoria superiore e in trasferta contro il Pisa nelle prime due partite in Coppa Italia, con qualificazione contesa fino all’ultimo minuto dell’ultima giornata ai campioni d’Italia del Milan, vittoriosi 2-1 a Novara – dove avevano giocato per il «restyling» di “San Siro” – nello «scontro diretto» di domenica 9 settembre 1979, in cui con il pareggio avrebbero avuto accesso ai Quarti di Finale i rossoblù per migliore differenza-reti a parità di punti; duplice successo, a San Benedetto del Tronto per 1-0 e in casa 2-0 con il Brescia – che proiettò il Vecchio Grifone in testa alla classifica con Como e Monza – dopo il sorprendente – in negativo – pareggio casalingo all’esordio per 1-1 con il neopromosso Matera) iniziò a «perdere colpi» ad iniziare dallo 0-3 maturato nella ripresa al “Libero Liberati” di Terni contro i rossoverdi locali domenica 7 ottobre 1979, prima di undici sconfitte esterne, la più dolorosa delle quali fu l’unica subìta in quella stagione agonistica al “Luigi Ferraris” contro i padroni di casa della Sampdoria, due volte in svantaggio e poi vittoriosi per 3-2 domenica 16 marzo 1980.
A complicare le vicende del Genoa, su cui a metà settimana il tecnico partenopeo relazionava con la sua ottima dialettica i tifosi, partecipando al programma (uno tra i primi «talk show» sportivi) di Tele Genova “Panchina Cabaret”, condotto da Vittorio Sirianni, ci fu l’arresto del portiere Sergio Girardi (poi prosciolto dalle accuse in sede giudiziaria) al termine di Genoa-Como 1-0 la domenica successiva alla sconfitta nel derby per una presunta «combine» in Genoa-Palermo 1-1 di domenica 13 gennaio 1980. Per la serie “le disgrazie non vengono mai sole” domenica 4 maggio 1980, al termine di LaneRossi Vicenza-Genoa 2-0, in cui i berici avevano vinto con due reti di Paolo Rosi al 39’ e al 42’ della ripresa (la seconda su calcio di rigore), il portiere di riserva, diventato titolare, Enrico Cavalieri apostrofò con veementi proteste l’arbitro dell’incontro, il signor Luigi Altobelli di Roma, che nel suo referto non fu «tenero», facendogli infliggere tre turni di squalifica. A quel punto, con ancora dieci punti in palio nelle ultime cinque giornate, il Genoa doveva andare la domenica successiva a giocare sul campo del Taranto, che era la migliore delle «virtualmente» retrocedende, avendo solo due punti di vantaggio e dovendosi affidare all’esordiente terzo portiere, il diciannovenne Stefano Vavoli. Il «drammatico» incontro terminò 2-2 grazie a una doppia rimonta genoana con Francesco «Franco» Boito al 18’ della ripresa e Manfrin su calcio di rigore a due minuti dalla fine. La domenica successiva Di Marzio ebbe una felicissima idea, arretrando la posizione del centravanti Russo, che lo «ricompensò» con due «cannonate» che «stesero» al 29’ e al 41’ della ripresa il Parma, pervenuto al pareggio al 24’ del secondo tempo con Valter Casaroli, dopo l’iniziale vantaggio «firmato» dopo nove minuti di gioco dal diciannovenne Sebastiano «Sebino» Nela (ex Poddi), alla prima rete della sua luminosa carriera, che ebbe nel tecnico partenopeo il suo primo valorizzatore. Grazie a due pareggi (per 2-2 a Palermo e per 1-1 in casa contro il Pisa) giunse per il Genoa con una giornata d’anticipo la certezza «matematica» della salvezza in un Campionato che con il pareggio «a reti bianche» a Lecce all’ultima giornata si concluse a centroclassifica con 38 punti (tanti quante le giornate – non si dimentichi che la vittoria garantiva all’epoca due punti in classifica! – in cui si articolava), gli stessi di Atalanta, Palermo e Bari. Fossati decise di non confermare Di Marzio e di richiamare alla guida tecnica della squadra Simoni, appena promosso in Serie A: la scelta in un campionato cadetto in cui erano «precipitati» il Milan e la Lazio per il «calcioscommesse» e la Sampdoria aveva ulteriormente «alzato l’asticella» delle sue ambizioni si sarebbe rivelata azzeccatissima (i rossoblù sarebbero stati promossi in Serie A con Milan e Cesena).
Alla famiglia Di Marzio vadano le più sentite condoglianze della Fondazione Genoa 1893.
Stefano Massa
(membro del Comitato Storico Scientifico della Fondazione Genoa 1893)