Mercoledì 26 maggio 2021 è deceduto a Forte dei Marmi all’età di 82 anni Tarcisio «Roccia» Burgnich, che fu allenatore del Genoa tra il 1984 e il 1986 e nel 1998 (nella prima esperienza al termine della presidenza di Renzo «ö scio Rensö» Fossati e all’inizio di quella di Aldo «Aldone» Spinelli sr. e nella seconda all’inizio di quella di Massimo Mauro II (con «patron» Enrico «Gianni» Scerni), il quale era stato suo calciatore al Catanzaro nella stagione 1980/1981.
Non si tratterà in questa sua commemorazione la carriera – molto più di alto profilo rispetto a quella, di medio livello, da allenatore – del difensore, oltre che dell’Udinese, della Juventus e del Palermo (agli inizi) e del Napoli (al termine), della «Grande Inter» degli anni Sessanta e della prima metà degli anni Settanta e della Nazionale Italiana (per la quale segnò due reti, l’unica dell’amichevole nello stadio – a lui familiare – di “San Siro” nell’amichevole Italia-Austria di sabato 16 giugno 1966 e – soprattutto! – quella con cui nel primo tempo supplementare della «Partita del Secolo» di mercoledì 17 maggio 1970 tra Italia e Germania Ovest allo Stadio “Azteca” di Città del Messico ristabilì, dopo che i tedeschi si erano portati sul 2-1 quattro minuti prima con Gerd «der Bomber» Müller, la parità, mettendo i presupposti per l’indimenticabile successo degli Azzurri), ma solamente i suoi due incarichi come tecnico del club calcistico più antico d’Italia (tra l’altro, verso la fine della sua seconda esperienza ricorse il centenario della storica vittoria di James Richardson «ö mego ingleise» Spensley e compagni del primo Campionato Italiano, conquistato a Torino domenica 8 maggio 1898).
Il primo incarico fu per Burgnich quello più lungo ed almeno difficile quanto il secondo, visto che doveva centrare un’impresa mai riuscita al Genoa nella sua storia: quella di ritornare immediatamente in Serie A in un campionato cadetto «a girone unico» (l’unica promozione nel campionato successivo ad una retrocessione dalla massima serie era avvenuta nel 1934/1935 in un torneo diviso in due gironi). Pur avendo giocatori a disposizione sicuramente validi come il portiere Giovanni «Manone» Cervone, il libero Claudio Onofri, i terzini Claudio «Ruspa» Testoni e Roberto «Rambo» Policano, i centrocampisti Paolo Benedetti, Ivano Bonetti II (poi di nuovo in rossoblù nella seconda esperienza di Burgnich, dopo aver giocato anche nella Sampdoria vincitrice dello Scudetto 1990/1991), Francesco Mileti e Johannes Wilhelmus «Jan» Peters (l’olandese fu frenato da molti problemi fisici e poco utilizzato) e il centravanti Giuliano «Fiore» Fiorini, la squadra non riuscì, anche per la contestazione al presidente Fossati, ad avere continuità di risultati e visse giornate alterne, togliendosi qualche soddisfazione come tornare a vincere in Campionato – per 2-1 – a Bologna dopo cinquantaquattro anni e mezzo grazie a una rete di Luca Chiappino, uno dei giovani lanciati dal tecnico friulano come, tra gli altri, Stefano Eranio, Franco Rotella e Michele Sbravati, di sconfiggere nel girone di ritorno al “Luigi Ferraris” le tre squadre che sarebbero state promosse – e, caso unico nella storia del calcio italiano, tutte retrocesse nel Campionato successivo –, cioè il Bari (1-0), il Lecce (2-0) e il Pisa (2-1) del suo predecessore sulla panchina rossoblù, Luigi «Gigi» Simoni (gli ultimi due successi furono ottenuti quando erano ormai svanite, dopo la sconfitta per 1-3 a Cesena di domenica 31 marzo 1985, le speranze di promozione nel periodo in cui, nelle ultime undici giornate, il Genoa colse un’unica altra vittoria, il roboante 4-1 esterno a spese del Catania). Buona in quella prima stagione agonistica fu la partecipazione alla Coppa Italia, in cui, dopo aver superato il girone eliminatorio, la compagine rossoblù venne sconfitta a febbraio del 1985 negli Ottavi di Finale per 0-1 in casa e per 1-2 in trasferta dall’Hellas Verona di Osvaldo «lo Schopenhauer della Bovisa» Bagnoli, che tre mesi dopo avrebbe conquistato lo storico Scudetto. Sommando le due competizioni, in quella prima stagione agonistica con il Genoa, l’unica da lui iniziata e finita, si contarono quindici vittorie, sedici pareggi e quattordici sconfitte. Con l’avvento di Spinelli sr. alla presidenza del Genoa arrivò come General Manager il suo ex compagno di squadra in neroazzurro Alessandro «Sandro» Mazzola jr., ma i risultati ottenuti dal «duo» non furono nemmeno paragonabili a quelli conquistati in campo con la «Beneamata». Burgnich, che aveva viso partire Bonetti, Peters e Fiorini, rispettivamente passati a Juventus, Atalanta e Lazio) e fatto acquistare giocatori «di categoria» come lo stopper Angelo Trevisan sr. e l’ala Oscar Ettore «Volpe» Tacchi II jr. (prelevati dal Campobasso) e le punte Gaetano Auteri (arrivato dal Varese) e Luigi «Gigi» Marulla (che veniva dal Cosenza militante in Serie C ed entrò subito nel cuore dei tifosi rossoblù, quando nella notte di mercoledì 21 agosto 1985 salvò all’ultimo minuto con un colpo di testa sotto la Gradinata Nord nella prima giornata di Coppa Italia contro il forte Milan l’imbattibilità casalinga poi mantenuta per tutta la stagione agonistica durante la gestione di Burgnich), cercò con esiti non soddisfacenti di mettere a guidare la difesa al posto di Onofri, passato al Catania, il forse ancor più esperto Graziano «Brontolo» Bini (alla sua unica esperienza professionistica non con la maglia dell’Internazionale, nelle cui fila aveva militato per quattordici stagioni agonistiche) e lanciò il giovane difensore Vincenzo Torrente, a cui sicuramente trasmise dei «segreti del mestiere», avendo ricoperto da giocatore il medesimo ruolo di marcatore laterale. Fu quello un Genoa che, come la mitologica Penelope, disfaceva in trasferta quello che aveva costruito in casa: si contarono nelle trentatré partite di Campionato, prima della sostituzione del tecnico di Ruda con Attilio Perotti sr., promosso dalla squadra Primavera, dodici vittorie (la più prestigiosa delle quali fu l’ultima il 29 marzo 1986, nel sabato prepasquale, con una rete a quattro minuti dalla fine di Tacchi II jr. sull’Ascoli dello jugoslavo Vujadin «Vuja» Boskov, che avrebbe vinto il campionato cadetto) e quattro pareggi nelle sedici gare casalinghe e sette pareggi e dieci sconfitte nelle diciassette trasferte. In Coppa Italia oltre a quello soprammenzionato con il Milan si registrarono altri tre pareggi e una vistosa sconfitta per 0-4 in casa dell’Udinese e la mancata qualificazione agli Ottavi di Finale.
Domenica 21 dicembre 1997 all’“Omobono Tenni” di Treviso il Genoa entrò nel recupero del secondo tempo in vantaggio grazie alla rete al 38’ del primo tempo del sierraleonese Mohamed «Mimmo» Kallon e terminò l’incontro sconfitto per 1-2 per le reti di Giuseppe Di Bari e Diego Bortoluzzi. Dietro al Genoa, fermo a 14 punti dopo quindici giornate, c’era solamente il Padova, distanziato di un punto, e appaiato si trovava quel Castel di Sangro che con il suo doppio successo sui rossoblù nel precedente campionato, ne aveva sbarrato la strada alla promozione in Serie A, ponendo di fatto fine alla gestione di Spinelli sr., il quale, prima di cedere dopo poche giornate del successivo campionato la società, aveva ingaggiato Claudio Maselli al posto di Gaetano Salvemini, che aveva raccolto solamente un punto nelle prime cinque partite. L’incredibile sconfitta a Treviso segnò la fine della terza ed ultima esperienza del tecnico romano sulla panchina del Genoa e il ritorno alla sua guida tecnica dopo undici anni e mezzo di Burgnich, il quale iniziò bene, mantenendo la «media inglese» (due vittorie in casa e due pareggi in trasferta) nei primi quattro incontri e proseguì ancor meglio nelle successive quattro partite (tutte vinte) per poi acciuffare due pareggi in rimonta (dallo 0-2 in casa contro il Torino e dallo 0-1 subìto al 45’ della ripresa in trasferta a Cagliari); poi nelle restanti tredici partite conquistò quattro vittorie e tre pareggi, venendo sconfitto sei volte. Stilando la classifica delle ultime ventitré giornate della Serie B 1997/1998 si avrebbe nelle prime posizioni questa graduatoria: Torino 40 punti, Salernitana e Perugia 39, Cagliari 38, Genoa 37, Venezia 32 (si tenga conto che nelle ultime giornate la squadra rossoblù, i cui migliori giocatori erano il portiere Mario «l’avvocato del Diavolo» Ielpo, i difensori Torrente, Stefano Lombardi e il brasiliano Antonio Paulo Pereira do Prado «Paulo Pereira» e Silvio Giampietro, i centrocampisti Gennaro «Gennarino» Ruotolo, Mario «Marietto» Bortolazzi e Luca Cavallo e gli attaccanti Dario Morello, Kallon e Federico Giampaolo II, aveva pochi stimoli e che le quattro formazioni promosse furono la Salernitana, il Venezia, il Cagliari e – dopo aver vinto domenica 21 giugno 1998 6-5 dopo i calci di rigore lo spareggio allo stadio “Giglio” di Reggio nell’Emilia contro il Torino – il Perugia).
Alla famiglia Burgnich vadano le più sentite condoglianze della Fondazione Genoa 1893.
Stefano Massa