In meno di due mesi sono morti quattro ex calciatori del Genoa: Giovanni Battista «Gianni» Odone, Luigi «Gigi» Simoni, Mario «Mariolino» Corso e William «Carburo» Negri (il portiere nato martedì 30 luglio 1935 in un paese del Mantovano, Bagnolo San Vito, e deceduto quasi ottantacinquenne venerdì 26 giugno 2020 a Mantova, doveva il suo soprannome – a cui accostava quello di «Eroe del “Prater”» per il suo prodigioso esordio con la Nazionale Italiana, vittoriosa 2-1 a Vienna contro l’Austria domenica 11 novembre 1962 – al fatto che, prima di intraprendere la carriera di calciatore professionista, dava una mano al padre Azeglio, proprietario di un distributore di benzina). Negri difese altre undici volte la porta della Nazionale Italiana, avendo come rivali per il prestigioso ruolo di estremo difensore degli Azzurri Giuliano «l’uomo di ghiaccio» Sarti dell’Internazionale, Lido «Pinza» Vieri del Torino ed Enrico «Ricky» Albertosi della Fiorentina (curiosamente l’unico dei quattro a partecipare alla disastrosa spedizione alla Coppa del Mondo in Inghilterra – quella dell’eliminazione inflitta agli Azzurri dalla Corea del Nord –, perché Negri domenica 3 aprile 1966 a Firenze aveva subito, facendo un salto, la rottura dei legamenti del ginocchio destro, che gli impedì di giocare anche nella stagione agonistica 1966/1967, e agli altri due vennero preferiti dal Commissario Tecnico Edmondo «Mondino» Fabbri i portieri Roberto «la Zanzara» Anzolin jr. della Juventus e Pier Luigi «il Nano volante» dell’Atalanta).
Quattro giorni dopo aver conquistato domenica 21 luglio 1968 – dopo due tornate di spareggi per un complesso di sette incontri – la permanenza in Serie B, il Genoa cedette al LaneRossi Vicenza la comproprietà della talentuosa ala sinistra Francesco «Franco» Gallina, che era stato vicinissimo al passaggio alla Sampdoria, in cambio dei cartellini del pari ruolo Giuseppe Cosma (il quale non ne volle sapere di giocare nella serie cadetta e venne «girato» al Pisa, neopromosso in Serie A) e di Negri, che nella stagione agonistica 1967/1968, quella del suo rientro in attività, aveva difeso la porta della compagine berica nell’unica partita di Coppa Italia e in venticinque dei trenta incontri di Serie A da essa disputati. Quindi, come disse in un’intervista pubblicata da “La Gazzetta dello Sport” venerdì 9 agosto 1968, la decisione di non avvalersi più delle sue prestazioni presa dal presidente biancorosso Giuseppe «Giussy» Farina sr. lo aveva colto in contropiede e poteva essere spiegata solamente con la volontà di valorizzare il ventunenne Giorgio Ciaschini (che avrebbe «assaggiato» la Serie A giocando solamente la ripresa della partita persa – con quattro reti subite nel primo tempo – 0-5 a Torino contro la Juventus, quel giorno campione d’Italia per la sedicesima volta, domenica 18 maggio 1975 dai biancorossi, matematicamente retrocessi la domenica precedente, che schierarono dalla panchina un altro esordiente in quell’ultimo incontro di venti campionati consecutivi in Serie A, Gianluigi Rigoni sr., che nove anni dopo sarebbe diventato padre del futuro giocatore del Genoa, Luca). La decisione della dirigenza genoana di ingaggiare Negri fu abbastanza strana, perché il portiere Leonardo «Leo» Grosso, titolare da tre anni, aveva subito nel Campionato precedente (comprese le partite degli spareggi) solamente trentadue reti in quarantaquattro incontri ed era poco probabile che gli avrebbe giovato sentire la «pressione» di un collega così famoso.
Per la prima volta nella sua storia il Genoa fece un ritiro precampionato in Europa, fuori dall’Italia, scegliendo, come avrebbe fatto l’anno seguente, la località montana di Crans-sur-Bienne (meglio nota come Crans Montana) nel Canton Vallese, in cui lunedì 5 agosto giunsero i giocatori nuovi arrivati e sabato 10 quelli che avevano disputato gli spareggi per la permanenza in Serie B (tra cui il centravanti Amedeo Balestrieri, che li aveva giocati con la maglia del Perugia).
L’allenatore Aldo Campatelli decise di puntare come estremo difensore su Negri, che disputò le partite del Girone Eliminatorio C di Coppa Italia (curiosamente tutte e tre disputate al “Luigi Ferraris”, essendo la prima ed unica in trasferta il derby con la Sampdoria). Il «battesimo del fuoco» con i blucerchiati di domenica 8 settembre 1969 non fu felice per Negri, che dovette capitolare dopo otto minuti su un tiro di destro a mezz’altezza di Giancarlo Salvi e dopo altri ventidue su un calcio di rigore rasoterra di Mario «Frusta» Frustalupi, ma l’esperto portiere non poté non apprezzare la testimonianza d’affetto tributata al termine dell’incontro dai sostenitori rossoblù alla loro squadra, che nella ripresa, dopo aver accorciato subito le distanze con Paolo Morelli, «misero alla frusta» i rivali cittadini, militanti nella categoria superiore. La domenica successiva contro il Cesena neopromosso in Serie B, battuto 1-0, Negri ebbe da svolgere solamente lavoro «di ordinaria amministrazione», come gli sarebbe capitato nell’ultima domenica di settembre nell’altro successo (2-0 in casa contro il Padova) fatto registrare nelle sue nove partite ufficiali con il Genoa. Il suo destino venne segnato dalla partita casalinga di Coppa Italia contro la Juventus di domenica 22 settembre e dall’incontro in trasferta di Campionato con la Lazio di domenica 6 ottobre, in cui mostrò appannamento di riflessi e di «colpo d’occhio», doti indispensabili per un portiere. Contro i bianconeri il Genoa si trovò inopinatamente in vantaggio – che, se conservato fino alla fine, avrebbe consentito ai rossoblù un davvero sorprendente passaggio del turno – con una rete di Riccardo «Duccio» Mascheroni III jr. al 39’ del primo tempo, ma un paio di minuti dopo Negri si fece sfuggire una forte conclusione di Pietro «Pietruzzu ’u turcu» Anastasi, consentendo a Giancarlo «Cavallo Pazzo» Zigoni sr. di far scattare la legge non scritta del calcio della «rete dell’ex». Anche al 25’ della ripresa Negri non riuscì a trattenere il pallone indirizzato su calcio di punizione verso la porta da Erminio «Favallino» Favalli sr., favorendo il susseguente tiro di Giovanni «Giovannino» Sacco, che costrinse Giorgio «Franco» Bittolo a deviare il pallone sopra la traversa con un pugno, inducendo così il signor Antonio Sbardella di Roma a concedere il calcio di rigore trasformato da Giancarlo «Berceroccia» Bercellino I, che portò gli ospiti in vantaggio, che poi sarebbe stato ampliato dalla rete di Anastasi a un minuto dal termine. Per una curiosa nemesi Negri toccò il fondo nella sua esperienza genoana all’“Olimpico” di Roma, nello stesso stadio, in cui aveva vinto domenica 7 giugno 1964 il titolo di campione d’Italia (l’apice della sua carriera) con il Bologna, vittorioso 2-0 sull’Internazionale nello spareggio per lo Scudetto. Quel 6 ottobre 1968 le cose andarono in maniera opposta a Negri, battuto dopo quattordici minuti di gioco da una punizione dal limite di sinistro di Giuliano Fortunato su tocco di Ferruccio «Mazzolino» Mazzola II jr. (essendosi la barriera aperta, il pallone filtrò alla sua sinistra, mentre lui era appostato dall’altra parte), dopo altri dieci, a seguito di una sua mancata uscita, da un fortuito tocco di ginocchio del difensore genoano Renato «il Falco» Falcomer nel maldestro tentativo di anticipare Gian Piero Ghio in un’area di rigore ribollente dopo una «torre» di Carlo Soldo su calcio d’angolo di Piero Cucchi sr. e allo scadere dei due tempi da tocchi da distanza ravvicinata di Soldo (ancora per una sua mancata uscita) e di Arrigo Dolso, che coronò con la rete del definitivo 4-1 una splendida azione personale.
A quel punto Negri perse il posto da titolare a favore di Grosso e nel «mercatino di novembre» il Genoa cedette al Como il terzo portiere Luciano Zamparo (che aveva difeso la porta rossoblù in tre partite nel dicembre 1967) in cambio del portiere di riserva dei lariani Nello Banfi, che, appena arrivato, soffiò la maglia n. 12 a Negri, che l’aveva indossata per quattro partite. Dopo sei incontri con Bnfi in panchina, Negri tornò ad essere il portiere di riserva per quattordici incontri per poi essere di nuovo superato nelle gerarchie dal più giovane collega per le successive sei. Nel turno infrasettimanale di giovedì 15 maggio 1969 il Genoa, «a digiuno» di vittorie da dieci incontri, travolse 4-0 la Reggina al “Luigi Ferraris”. Al 34’ del primo tempo con il risultato ancora bloccato sullo 0-0 in un contrasto tra Grosso e Luigino Vallongo, il centravanti degli amaranto riportò lo strappo dei legamenti collaterali interni della gamba sinistra e, dopo aver vanamente tentato di rientrare in campo, fu costretto a lasciare il posto al ventenne Franco Causio, mentre il portiere del Genoa, pur avendo subito la distorsione del ginocchio sinistro, resistette fino alla fine senza essere sostituito da Banfi. Con ancora dodici punti in palio e tre di ritardo da Brescia e Bari, appaiate al secondo posto e virtualmente (alla fine anche effettivamente) promosse con la Lazio capolista, l’incontro di tre giorni dopo al “Danilo Martelli” di Mantova risultava decisivo per il Genoa. La diarchia tecnica costituita da Maurizio Bruno e Campatelli (che era stato assente per un lungo periodo per seri problemi di salute) dovette decidere rapidamente se far rispettare le gerarchie o affidarsi all’anziano ed esperto Negri, che su quel campo aveva costruito la sua grandezza calcistica tra la seconda metà degli anni Cinquanta e la prima degli anni Sessanta (in una trasmissione televisiva dedicata al «Piccolo Brasile», come era soprannominato il Mantova negli anni Sessanta, la storica «bandiera» Renzo Longhi ha sostenuto che, limitatamente alla permanenza tra le fila virgiliane, ritiene superiore il contributo dato da Negri rispetto a quello fornito dal suo successore, Dino Zoff). Prevalse la prima opzione e così Banfi poté giocare a ventitré anni e mezzo la sua unica partita in una categoria superiore alla Serie C, risultando uno dei giocatori più negativi (una sua uscita a vuoto su calcio d’angolo battuto da Vincenzo Rosito permise a Fabio «Panzer» Enzo di segnare di testa all’8’ della ripresa la rete del definitivo 2-0 per i padroni di casa) in una squadra in giornata-no.
Nelle ultime cinque partite il «valzer» dei portieri del Genoa vide Negri titolare, eccetto che nell’ultima partita vinta 1-0 in trasferta contro il Livorno sul campo neutro di Firenze domenica 22 giugno 1969, in cui giocò Grosso, che, non avendo ancora pienamente recuperato, era stato portato in panchina nelle tre precedenti domeniche, e Banfi in panchina nella prima e nell’ultima e in tribuna nelle altre tre.
Nelle sue ultime quattro presenze ufficiali della sua gloriosa carriera (nella successiva stagione agonistica, tornato al Mantova, non giocò mai) Negri si dimostrò voglioso di riscattarsi e sostanzialmente lasciò un buon ricordo ai tifosi genoani. Prodigiose furono due sue respinte di pugno sul fondo nel primo tempo su un colpo di testa di Aldo Strada al 12’ e su un diagonale di Francesco Volpato al 40’ nella partita pareggiata 0-0 a Monza domenica 25 maggio ed altrettanto notevole domenica 1° giugno al “Luigi Ferraris” la plastica deviazione sul fondo con il palmo di una mano sul tiro «a botta sicura» dell’attaccante della Reggiana Giovan Battista Pienti a sedici minuti dal termine nell’incontro in cui a causa del calcio di rigore parato al 7’ della ripresa da Lamberto «Bongo» Boranga a Mascheroni III jr. svanirono le residue speranze rossoblù di promozione in Serie A (che, se raggiunta, avrebbe evitato al Genoa di precipitare dodici mesi dopo in Serie C). Di buon livello furono anche le sue prestazioni contro due squadre che sarebbero state promosse in Serie A: a Bari domenica 8 giugno la partita fu risolta a favore dei padroni di casa da un calibrato pallonetto della mezzala Galletti al 16’ del primo tempo, ma Negri riuscì a sventare tutte le altre occasioni; a Genova la domenica successiva fu il sampierdarenese Carlo «Carletto» Volpi a trafiggerlo, fissando a diciotto minuti dalla fine il risultato sull’1-1 con un «rigore in movimento» (diagonale di destro rasoterra), su calcio di punizione battuto dalla sinistra da Simoni e mal respinto da Sergio Ostermann II.
Alla famiglia Negri vadano le più sentite condoglianze della Fondazione Genoa 1893.
Stefano Massa