Mercoledì 18 dicembre 2019 è deceduto a Genova Vincenzo «Enzo» Occhetta, che aveva giocato per
quattro stagioni nel Genoa agli inizi degli anni Sessanta. La formazione rossoblù, retrocessa nella
primavera del 1960 in Serie B e condannata per il tentato illecito sportivo nella partita comunque persa
1-2 sul campo dell’Atalanta domenica 17 aprile 1960 ad iniziare il successivo campionato cadetto con
10 (poi ridotti a 7) punti di penalizzazione, aveva ceduto al Milan il suo «pezzo pregiato», l’attaccante
Paolo «Paolone» Barison, ottenendo in cambio il portiere Giancarlo Gallesi, l’attaccante Gastone
«Nordahlino» Bean e, appunto, il centrocampista Occhetta (gli ultimi due avevano giocato da titolari in
una squadra giunta terza in Campionato e agli ottavi di finale in Coppa dei Campioni, torneo all’epoca
riservato alle sole squadre vincitrici del precedente campionato; tutto ciò ci fa capire la differenza tra il
calcio di sessant’anni fa e quello attuale, in cui una trattativa del genere sarebbe assolutamente
inconcepibile). Gli inizi per Occhetta non furono assolutamente facili, visto che nelle sue prime due
esibizioni ufficiali al “Luigi Ferraris” il Genoa fece registrare due sconfitte per 1-2 contro il Prato (in
Coppa Italia con conseguente immediata eliminazione) e contro il Marzotto Valdagno (all’esordio in
Campionato) e che nella terza, finalmente vittoriosa per 3-1 contro l’Hellas Verona, poco dopo il ritorno
in campo dagli spogliatoi, con le squadre sull’1-1, «Enzo» fallì un calcio di rigore, tirando fuori il
pallone, indirizzato alla sinistra del portiere Santino Ciceri, di un paio di metri. Nella partita di ritorno a
Valdagno, sul campo in cui aveva giocato, sempre nella cadetteria, per un lustro dal 1953/1954 al
1957/1958, vinta 2-0 domenica 5 febbraio 1961, Occhetta con un forte e preciso tiro sbloccò dopo otto
minuti il risultato, segnando la sua unica rete tra le fila del Genoa. La situazione cambiò radicalmente
nell’estate del 1961 con l’avvento sulla panchina di Renato Gei, il quale, essendosi ritirato dall’attività
agonistica l’italo-argentino Bruno «Petisso» Pesaola, diede la fascia di capitano ad Occhetta, a cui affidò
il ruolo di regista arretrato della squadra in fase di costruzione della manovra e, se c’era il tempo di fare
lo «scivolamento» all’indietro, di libero, quando il pallone era tra i piedi degli avversari (in pratica, si
passava nelle due fasi di gioco dal 3-4-3 «sistemista» al 4-3-3 – o 1-3-3-3 che dir si voglia –
«catenacciaro» nella versione «di prima generazione» concepita dall’allenatore austriaco Karl Rappan).
Ottenuta con largo anticipo la promozione in Serie A, il Genoa conquistò, battendo 1-0 il Grenoble al
“Luigi Ferraris” venerdì 29 giugno 1962 il primo trofeo internazionale della sua storia, la Coppa delle
Alpi, ancora quell’anno riservata a formazioni italiane e francesi della serie cadetta, primo di tre trofei
consecutivi – fecero seguito nel 1963 la Coppa dell’Amicizia Italo-Francese con prestigiosissimo
successo esterno per 2-1 in rimonta sul Milan da venticinque giorni campione continentale e nel 1964 la
Coppa delle Alpi, ormai aperta a formazioni – italiane e svizzere – della massima serie, a Berna contro il
Catania – alla conquista dei quali partecipò Occhetta, che, curiosamente, giocò solamente la finalissima
dell’ultimo, quando ormai non era più impiegato (fu quella di mercoledì 1° luglio 1964 nella capitale
elvetica la sua ultima partita con il Genoa) in prima squadra, nelle cui fila il tecnico argentino Benjamin
César Santos gli aveva preferito Franco «il Tigre di Ronco Scrivia» Rivara, mentre non era stato
schierato nelle due precedenti, quando era il «leader» della formazione guidata nel primo anno della
riconquistata Serie A da Gei e poi dall’italo-argentino Angelo Triestino «Nino» Rosso I e salvatasi con il
«sorpasso» al Napoli all’ultima giornata (domenica 26 maggio 1963) grazie alla vittoria casalinga per 1-
0 contro il Bologna e alla contemporanea sconfitta esterna per 1-2 dei partenopei sul campo
dell’Atalanta