È deceduto martedì 5 novembre 2019 a Buenos Aires, dove era nato 85 anni fa, Salvador «Todo» Calvanese, per nove stagioni agonistiche consecutive in Italia, a partire dal 1959, quando giunse al Genoa per formare un attacco di tutto rispetto con l’uruguayano Julio César «el Pardo» Abbadie Gismero e Paolo «Paolone» Barison, che pochi mesi prima aveva fatto il suo esordio nella Nazionale Italiana. L’esordio dell’oriundo (era figlio di genitori salernitani) illuse i tifosi rossoblù: domenica 13 settembre una sua doppietta al “Luigi Ferraris” permise al Genoa di sconfiggere 2-1 il Venezia nella finale per il 3° posto della Coppa Italia 1958/1959 (per la cronaca, le squadre che non erano arrivate in fondo alla manifestazione giocavano i primi turni dell’edizione successiva), che è tuttora il miglior piazzamento del Genoa nel Secondo Dopoguerra in quella competizione. La domenica successiva con una sconfitta per 0-1 all’“Olimpico” di Roma cominciarono il peggior campionato del Genoa nella massima serie (18 punti raccolti – oltretutto cancellati dalla giustizia sportiva per la tentata «combine» nell’incontro comunque perso 1-2 sul campo dell’Atalanta domenica 17 aprile 1960 – su 68 disponibili) e la sfortunata avventura di Calvanese in quel torneo (quindici presenze – dieci da centravanti e cinque da mezzala destra – con nessuna rete segnata). Essendo un giocatore indiscutibilmente dotato di buona tecnica, il Catania, neopromosso in Serie A, lo volle ingaggiare e con gli etnei visse la sua miglior stagione, realizzando nove reti, la più famosa delle quali fu quella del definitivo 2-0 casalingo (immortalato nella radiocronaca di domenica 4 giugno 1961 dalla celebre espressione “Clamoroso al “Cibali”!” del radiocronista Sandro «the Voice» Ciotti nel corso della trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”) all’Internazionale dell’allenatore franco-argentino Helenio «il Mago» Herrera Gavilán. Dopo aver segnato quattro reti nel successivo Campionato, Calvanese giocò in prestito tra la fine di maggio e l’inizio di giugno del 1962 tre partite, in cui non realizzò reti, nelle fila della Juventus, che, avendo terminato al dodicesimo posto – peggior prestazione sul campo nella Serie A «a girone unico» di sempre – non si era qualificata per le massime competizioni europee (come non sarebbe più accaduto fino al 1991 con la celebre sconfitta 0-2 all’ultima giornata in trasferta contro il Genoa, che in virtù di quel successo poté accedere alla Coppa U.E.F.A.) ed aveva ripiegato sulla Coppa Mitropa. Tornato al Catania, andò a segno per ben tre volte nelle prime due partite del Campionato 1962/1963, «restando all’asciutto» solamente nella successiva, l’ultima della sua prima esperienza catanese (quando Giacinto «Cipe» Facchetti e compagni, futuri vincitori dello Scudetto, vennero nuovamente sconfitti all’ombra dell’Etna per 0-1 domenica 30 settembre 1962), per poi passare all’Atalanta, con cui avrebbe conquistato con il 3-1 al Torino nella Finalissima nello stadio milanese di “San Siro” di domenica 2 giugno 1963 (tripletta per gli orobici di Angelo «Berghem» Domenghini I), la Coppa Italia (a tutt’oggi l’unico trofeo assoluto vinto dal sodalizio bergamasco). Rimasto nella stagione successiva tra gli orobici mercoledì 9 ottobre 1963 nella partita di ritorno dei Sedicesimi di Finale all’“Estádio José Alvalade” della capitale portoghese Calvanese difese eroicamente per quasi due ore la porta neroazzurra, subendo con la sua squadra in dieci uomini «solamente» due reti nei tempi regolamentari e mantenendola inviolata in quelli supplementari, dopo aver preso il posto – visto che il calcio dell’epoca non contemplava sostituzioni – dell’estremo difensore Pierluigi «il nano volante» Pizzaballa, che dopo cinque minuti si era infortunato nell’azione che aveva portato in vantaggio lo Sporting Lisbona, la formazione che si sarebbe aggiudicato la competizione. Visto che all’andata l’Atalanta aveva vinto 2-0 e non contava a parità complessiva di reti il maggior numero di quelle segnate in trasferta, le due squadre si dovettero incontrare nuovamente cinque giorni dopo al “Camp Nou” di Barcellona, dove i «tigrotti» lusitani replicarono il 3-1 inflitto «tra le mura amiche» agli orobici. Nell’estate del 1964 Calvanese tornò a Catania dove giocò ancira per tre stagioni, nell’ultima delle quali, prima di ritirarsi dall’attività agonistica, disputò il suo unico campionato cadetto.
Alla famiglia Calvanese vadano le più sentite condoglianze della Fondazione Genoa 1893.