Le canzoni di De André hanno ispirato libertà, hanno spinto i giovani a pensare in maniera diversa, a porsi domande, a chiedersi dove potesse essere la verità in un mondo che tende sempre a nasconderla. E hanno spinto molti altri cantautori a usare quella libertà per scrivere canzoni che non avessero altri confini che quelli della poesia, della creatività, senza fare scuola, senza far nascere una inutile schiera di imitatori. E senza sosta è cambiato, realizzando album sempre diversi, collaborando con tanti altri artisti, da Piovani a Bubola, dalla Pfm a De Gregori, da Fossati a Pagani, cercando sempre nuove fonti di ispirazione, nuove strade da percorrere, nuove porte da aprire.
Tra La canzone di Marinella e Creuza de ma c’è un mare immenso, la distanza sembra incolmabile, invece c’è, in questo spazio meraviglioso, tutto De André e la sua arte, un mare in cui possiamo incontrare ancora oggi terre fantastiche, luoghi immaginari, città illuminate, spazi straordinari che contengono tutte le città del mondo, popoli diversi, lingue differenti, ma tutte per noi comprensibili e armoniose. Così come nel suo repertorio troviamo ballate, melodie medievali, canzoni folk e rock, brani ipnotici e armonie semplicissime che coinvolgono immediatamente l’ascoltatore e sembrano fatte apposta per scatenare l’immaginazione, canzoni che non solo vivono al di fuori dei generi, ma che sono anche attualissime restando fuori dal tempo. E in quelle canzoni, oltretutto, troviamo il popolo, gli ultimi del mondo cantati con forza e passione, difesi con intransigente fermezza e accarezzati con dolcissima comprensione, nel tentativo di far aprire gli occhi di chi li vuole tenere chiusi e non vedere quanto dolore e quanta poesia ci sia negli angoli dimenticati della vita.