Domenica 30 giugno 1968: a poche ore dall’esordio – vittorioso per 2-1 a Bergamo sul Venezia – del Genoa nel primo dei quattro – che poi, stante la parità a 5 punti in classifica dei rossoblù con Lecco, Perugia e Venezia sopra il Messina, prima delle due retrocedende, con 0, sarebbero diventati sette – spareggi per evitare la caduta in Serie C, moriva a Savona Felice Virgilio «Levre» Levratto II, grandissimo attaccante di periodi – a cavallo tra la seconda metà degli anni Venti e l’inizio dei Trenta – ben più felici per il più antico club calcistico italiano. Nella sua bella biografia del padre (Felice Levratto. Storia di un mitico campione di calcio che “sfondava” le reti, Graphot editrice, Torino, 1997) la figlia primogenita del grande calciatore, Maria Angela Levratto in Bigiongiali, commise nell’ultimo capitolo (Il tramonto del calciatore), tradita dalla memoria, un clamoroso errore – tanto che anche il Dizionario illustrato dei giocatori genoani di Davide Rota (con la collaborazione di Silvio Brognara), edito nel 2008 dall’editore genovese De Ferrari, riporta quella data –, attribuendo il 2 agosto quale giorno conclusivo dell’esistenza del calciatore nato a Carcare il 26 ottobre 1904. La Gazzetta del Lunedì del 1° luglio 1968 nell’articolo che alleghiamo aveva informato i suoi lettori del trapasso del grande attaccante. Dotato di straordinaria forza fisica e di ottima tecnica, che si sintetizzavano nel suo tiro esplosivo con il piede sinistro, Levratto II iniziò a giocare nel Vado, che prima portò alla conquista della Coppa Italia, nella Finalissima contro l’Udinese giocata tra le mura amiche e vinta 1-0 (dopo i tempi supplementari) domenica 16 luglio 1922, e poi rappresentò in Nazionale Italiana, quindi, durante il servizio militare a Verona, militò nelle fila dell’Hellas (essendo anche di quella formazione il primo azzurro), per passare nell’estate del 1925 al Genoa, che aveva appena perso nei famigerati spareggi con il Bologna la possibilità di diventare campione d’Italia per la terza volta consecutiva e decima in assoluto. La sua settennale permanenza nel club allora più titolato d’Italia fu nobilitata da una novantina di reti fra Campionato, Coppa Italia e Coppa dell’Europa Centrale e da ventuno presenze con la Nazionale Italiana (con nove reti è il maggior marcatore di sempre durante la militanza genoana), con la quale conquistò il bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam nel 1928. Nel 1932 ci fu il passaggio all’Ambrosiana-«Inter», in cui ebbe come compagno di reparto Giuseppe «Balilla» Meazza, così come due anni dopo, quando andò a Roma restando anche là due anni – prima di passare al Savona – Gioacchino «Silvio» Piola alla Lazio.
Stefano Massa
(membro del Comitato Ricerche e Storia della Fondazione Genoa 1893)