È deceduto a Siena venerdì 5 gennaio 2018, all’età di 80 anni, Antonio Valentin Angelillo, grande talento argentino, che, messosi in luce prima con il Racing de Avellaneda, poi con gli Xeneizes del Boca Juniors ed infine con l’Argentina, vittoriosa nella Copa America in Perù del 1957, approdò ventenne all’Internazionale e giocò per dodici stagioni nel calcio professionistico italiano, per poi assumere il doppio ruolo di calciatore ed allenatore per due stagioni (conclusesi con la retrocessione e l’immediato ritorno in Serie D) della formazione dilettantistica dell’Angelana di Assisi, e, in ragione della nascita di uno dei nonni a Rapone (PT), indossò come oriundo la maglia della Nazionale Italiana nella partita persa per 1-2 nell’amichevole contro l’Austria al “San Paolo” di Napoli sabato 10 dicembre 1960 e nella vittoria per 6-0 (sua la quinta rete) nel retour-match con Israele di qualificazione alla Coppa Rimet 1962 in Cile, che si disputò al “Comunale” di Torino sabato 4 novembre 1961. Angelillo militò per le prime quattro stagioni nelle fila dell’Internazionale (memorabile la sua stagione 1958/1959, in cui stabilì l’ineguagliato primato nel Campionato Italiano di Serie A a diciotto squadre di segnare 33 reti, che gli valse il soprannome di «signor record», poi, malvisto dall’allenatore franco-argentino Helenio «il Mago» Herrera Gavilan per i suoi individualismo e comportamento non da atleta (ci furono, in particolare, accuse di «dolce vita» per la sua relazione con la ballerina Attilia «Ilya» Tironi «Lopez»), venne ceduto alla Roma (con cui conquistò i primi trofei vinti nel Secondo Dopoguerra dalla società giallorossa, la Coppa delle Fiere 1960/1961 e la Coppa Italia 1963/1964), per poi fare ritorno, su sponda rossonera, a Milano nel 1965, per ricoprire il ruolo di riserva in due Campionati (nel secondo dei quali, conquistò lo Scudetto con sole tre presenze ed una rete), inframmezzati da una stagione nel Lecco alla sua terza e finora ultima partecipazione nella massima serie. Dopo che il Genoa domenica 21 luglio 1968, con uno 0-0 proprio contro il Lecco (risultato gradito, in quanto salvifico, da entrambe le squadre) nella III ed ultima giornata della seconda serie degli spareggi per evitare la Serie C, aveva acquisito il diritto a rimanere nella cadetteria, Angelillo accettò la proposta del sodalizio rossoblù, che lo insignì del ruolo di capitano, di scendere per la prima volta dalla massima categoria. Precocemente usurato (era poco più che trentenne), Angelillo disputò solamente tre quinti delle 38 partite di Campionato (22 presenze, con 5 reti, di cui tre su calci di rigore, realizzate), facendo vedere in alcune occasioni squarci della sua antica classe e collocandosi su un livello prestazionale quasi discreto in una stagione in cui il Genoa fu fermato dai troppi pareggi (ventuno) nella sua corsa verso la promozione (terminò a sei punti dal Bari, che conquistò la terza posizione, l’ultima che dava accesso alla Serie A), che gli avrebbe evitato l’anno successivo l’onta della prima retrocessione in Serie C.
Alla famiglia Angelillo vadano le più sentite condoglianze della Fondazione Genoa 1893.
Stefano Massa
(membro del Comitato Ricerche e Storia della Fondazione Genoa 1893)